Usa e getta: che truffa!

Ciao a tutti voi amatissimi lettori!

Sono reduce da una estate caldissima, umida e afosa che ha messo a dura prova i miei occhi secchi e le mie articolazioni… quindi al momento il mio livello di energia è basso e circolare.

In più sto mescolando la mia imminente entrata nella terza età (a settembre compio 65 anni)  con i detriti dell’ansia ecologica amplificata dalle sempre più pressanti avvisaglie metereologiche.

Come non bastasse di recente un ragazzo ha cercato di taccheggiarmi sul tram e l’odore di truffa mi è rimasta appiccicata addosso.

Forse a questo malessere partecipa la  sensazione di aver avuto parte, insieme a tutta la mia generazione, a quello che è il fenomeno che definirò “usa e getta”. Per spiegarlo lascerò da parte il mio costante ottimismo progressista e parlerò come una persona d’età che si è accorta di essere appena stata truffata e non si capacita di quanto sia stata stolta.

 Io sono nata in pieno boom economico e sociale. La televisione mentre crescevo è diventata a colori, poi è diventata piccola e sottile, come le dimore, e adesso guardo Netflix sul portatile; le botteghe hanno lasciato spazio ai primi supermercati, i supermercati ai centri commerciali, e adesso faccio la spesa via cavo nella tranquillità isolata del mio appartamento; alle elementari il mio compagno Dario che sapeva a malapena parlare, sedeva tranquillo in mezzo a noi con il suo grembiulino e il cravattino blu ma non aveva una maestra di sostegno, ora la parola accessibilità è sinonimo di progresso anche se di fatto risulta più che altro decorativa.

Rimediabile? Si certo, potrei sempre fare la spesa nei negozi del quartiere con la mia sacchetta di cotone naturale, oppure scegliere di andare al cinema come una volta, sfoggiando chessò un bel accompagnatore o un look original-chic,  aderire a un consumo ecosostenibile e prendermi la mia piccola parte di cura degli altri.

Ma pur praticando meticolosamente tutto questo da questo punto in poi, il punto in cui sono arrivata, comunque, rimane quello che è, e mi domando se non avvertite anche voi al pari mio, come suoni tutto di vuoto?

 Saranno le temperature, ma vivo la netta e brutta sensazione che gli anziani non sono più il tramite tra passato e futuro, ovvero che non siano radici solide ma impicci legnosi sui marciapiedi, che cadono giù alla prima tempesta e rimangono con le loro nodose radici all’aria; e oltre a ciò,  ho la netta sensazione, che i grandi, i meno giovani, i “nuovi sessantenni” che dir si voglia per non usare il dismesso termine “vecchi”, siano loro stessi i primi stolti responsabili della truffa “usa e getta”. E per dirla tutta, visto che sto per fare il mio ingresso ufficiale nella terza età, penso che siamo noi baby boomer che abbiamo di fatto contribuito a rendere la società del consumo e dell’immagine quella che è ora; e nel finale da prestanti attori ci stiamo trasformando in prodotti dismessi dal nostro stesso operato, proprio perché non più inseriti nello stesso malsano processo produttivo che abbiamo contribuito a creare.

Mi sento parte in causa di un processo  “usa e getta”, dove io sono la bottiglietta, la confezione risparmia spazio e tempo, progressivamente esclusa dal resto del sociale, e non tanto e non solo perché non abbia più potere economico ma  in quanto sto perdendo la velocità necessaria per cavalcare la tecnologia avanzante che detta legge. La velocità, che tuttora  ammiro e stimo, adesso non la voglio più, comprendo che la velocità non mi fa bene, anzi viceversa vorrei fermarlo il tempo e vorrei far durare le azioni almeno quel tempo sufficiente per dar loro un significato se non morale almeno affettivo o storico.

E il secondo sentore di truffa, perché è di due truffe che sto parlando,  consiste nel fatto che mi rendo conto che ad arricchirsi sulle mie spalle siano quelli che col disastro ecologico si siano gonfiati le tasche e dal quale possono tutelarsi facilmente, comprando case in Groenlandia o dove diavolo finiranno i nuovi continenti.

E’ un sillogismo tra “gioventù bruciata” e “pianeta in fiamme”.

Ho infatti contribuito a dar fuoco al pianeta e adesso io sono di cenere ma i giganti, che ho sostenuto con il mio consumare e ho fatto arricchire in questo processo di distruzione (simbolicamente invecchiando)  sono al sicuro e per sempre giovani. Loro, le loro facce, le loro lobbies.

Non è la guerra, che si vede in diretta, e  di cui immaginiamo i lontani e non del tutto compresi risvolti economici (direi di tacere su quelli etici)  a farci paura, non è la bomba atomica, che popolava i miei incubi quando ero bambina, ma è il collasso ecologico abbinato a un progresso tecnologico basato sulla velocità dell’azione e veicolato attraverso icone  di benessere virtuale, frammentato e decisamente  fuori controllo a togliere senso non solo alle future generazioni, ma anche e a maggior ragione alla nostra.

Per concludere, trovo che non sia esaustivo manifestare che la sostenibilità ambientale e la sostenibilità sociale vadano di pari passo, che tra l’altro è una indubbia verità, cioè che un mondo ecosostenibile sia l’altra faccia di una società giusta e rispettosa del ruolo dell’anziano. Penso invece che il “mea culpa” sia necessario e perfino catartico.

E solo una volta che si sia capito e accettato il ruolo subito nel modello consumistico, potremmo pensare a utilizzare proprio questo fallimento per riscattarci, senza sentirci obsoleti, invertendo la tempesta “usa e getta” che ci investe, cercando di tramandare a testa alta modelli di coesione sociale alternativi, pescando nella nostra memoria.

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